Un progetto lungo una vita

Investire sui bambini è aver fiducia nel futuro: a ciascuno di loro dovrebbe essere garantita una prospettiva di vita senza violenza. Un monito, soprattutto verso bambine e ragazze, soggetti deboli in un mondo adulto che spesso gira il volto sulle sopraffazioni.


 

Ogni bambino che viene al mondo è poesia, produzione di vita, speranza e progetto di vita.

«C’è un vagito lontano, forse il peggio è passato. È un futuro diverso, forse è già cominciato»
(Edoardo Bennato “È lei”, canzone dedicata alla nascita di una bimba, della vita stessa, in mezzo alla miseria ma che riuscirà a far fronte alle guerre, a tutti e a tutto). 

Questo è il senso poetico del diritto di ogni bambino e di ogni bambina al presente e al futuro.

Le bambine non sono donnine e i bambini non sono ometti. I bambini hanno “diritto alla spensieratezza, alla risata, al gioco” (da “Pour chaque enfant, un avenir. Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance”, Parigi, giugno 2007).

I bambini hanno diritto a essere bambini tra bambini e insieme agli adulti e non lasciati soli. Dovrebbe essere quindi un impegno comune quello di trasformare la violenza in viole da donare e il violare in volare insieme: soprattutto in famiglia, che diventa sempre più fucina di violenza, a cominciare da quella psicologica, che si consuma nel silenzio della vittima e nell’indifferenza altrui.


Vita, sopravvivenza e sviluppo. Tre termini che indicano il percorso di ciascuno:  da dove cominciare, come continuare, dove mirare.


Da molte ricerche risulta che il cervello ha la capacità di modificarsi a seconda dell’ambiente che ci circonda. Preoccuparsi di questi aspetti non significa solo prevenire e curare eventuali malattie, significa anche e soprattutto fare delle scelte che mirino all’integrale benessere psicofisico e specialmente alla salute mentale, sempre più spesso trascurata e minata.

I bambini, come anche i ragazzi, hanno bisogno di gesti, interventi che lascino il segno, l’impronta, calore e colore fin nel profondo; hanno necessità di tracce che restino nel tempo e che segnino la strada da seguire. Pertanto, da un lato dobbiamo potenziare la rete di protezione di queste bambine e queste ragazze e sostenerle, dall’altro bisogna agire sulla prevenzione delle situazioni di disagio e violenza andando alla radice di alcuni comportamenti, a partire dal contesto educativo, coinvolgendo gli stessi adolescenti in un impegno che li veda protagonisti. Va dato ascolto e forza a quella grande maggioranza delle ragazze che purtroppo ancora oggi si vedono ostacolate nella costruzione del proprio futuro e aiutarle a far sbocciare la vita, ovunque e comunque, perché «un diritto non è ciò che ti viene dato da qualcuno; ma è ciò che nessuno può toglierti». (William Ramsey Clark).

Eppure oggi ci troviamo in una sorta di “anno zero” dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: davanti a un’occasione di consapevolezza dell’importanza delle conquiste conseguite, ma anche di rilancio dell’impegno di tutti per la difesa e lo sviluppo delle stesse nel prossimo futuro.

L’11 Ottobre 2021 è stata celebrata la Giornata Mondiale delle bambine e delle ragazze (International Day of the Girl Child), istituita dall’Onu per concentrare l’attenzione sui diritti delle più piccole e sulla necessità di promuoverne l’emancipazione. Il miglioramento delle loro condizioni di vita dipende non solo dalle loro famiglie ma anche dalla comunità e dalla società intera, pertanto la cultura del rispetto e della parità di genere è una condizione essenziale per una comunità sana, in cui i diritti di ogni cittadina e ogni cittadino siano tutelati e in cui ciascuno sia veramente libero.

Per questo è molto importante promuovere azioni di sensibilizzazione e occasioni di confronto e crescita, in particolare coinvolgendo attivamente i giovani che sono protagonisti e motore del proprio cambiamento; ma è altrettanto fondamentale impegnarsi concretamente affinchè si porti avanti ogni giorno, fuori e dentro le istituzioni, un’azione per migliorare la condizione di milioni di bambine nel mondo.

Si parla di bambine vendute come spose, schiave domestiche, vittime di tratta o costrette a prostituirsi; bambine che subiscono soprusi, mutilazioni genitali, violenze fisiche e psicologiche e alle quali è stata negata ogni forma di istruzione e libertà; sole perché nate femmine. Ancora oggi dunque, bambine e ragazze, in Italia come nel resto del pianeta, continuano a scontare sulla propria pelle un divario di genere che non permette loro di far fiorire le proprie potenzialità, semplicemente perché nessuno crede in loro o perché non viene loro offerta un’opportunità. Un gap inaccettabile, che con la pandemia rischia di diventare ancora più profondo, soprattutto per coloro che vivono nei contesti di maggiore vulnerabilità socio-economica. Dove più gravi sono le conseguenze della povertà economica e della povertà educativa, maggiore è il rischio di dispersione scolastica, che compromette così la possibilità di far crescere le loro competenze e talenti.

Gli ostacoli sociali all’istruzione femminile sono molte e diverse da Paese a Paese. Ad oggi nel mondo sono 650 milioni le donne e le ragazze che sono state date in sposa da bambine (la metà di loro in Bangladesh, Brasile, Etiopia, India e Nigeria); si è stimato che 100 milioni di ragazze, entro il 2030, rischiano di essere vittime di matrimoni precoci. Numero che rischia drammaticamente di aumentare alla luce dell’epidemia di Covid-19: la crisi e l’insicurezza economica potrebbero spingere sempre più famiglie a non investire nell’istruzione delle figlie. Secondo uno studio recente dell’Unicef, il numero di matrimoni precoci potrebbe aumentare di almeno 10 milioni minacciando anni di progressi. Le scuole chiuse, le restrizioni nei movimenti e il distanziamento sociale hanno contribuito a creare una situazione di isolamento per bambine e ragazze che hanno sempre più difficoltà ad accedere a servizi sociali e assistenza sanitaria. Unicef denuncia anche che 13 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno subito una violenza sessuale, rischio ancora maggiore per le minori migranti e rifugiate, alcune delle quali affrontano da sole il viaggio dalla Libia all’Italia. Purtroppo le bambine e le ragazze restano tra i soggetti più invisibili negli interventi di risposta europea alla crisi migratoria, spesso nascoste all’interno di altre famiglie o gruppi, o identificate come maggiorenni all’arrivo, lasciando il fenomeno in parte sommerso.

Il riferimento costante dell’Unicef per orientare la propria azione è la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con la Legge n. 176.

Le conseguenze delle limitazioni imposte per la tutela della salute pubblica hanno compresso, e talvolta azzerato, una serie di diritti che sembravano definitivamente acquisiti, come quelli all’istruzione, alla socialità, all’ascolto, alla partecipazione, allo sport e al tempo libero.

È necessario ricordare sempre, nel guardare a questi dati, che sono tanti i fattori che condizionano il corretto sviluppo celebrale di un bambino e/ o di un ragazzo, non fa ultimi un ambiente sano e degli stimoli positivi. Purtroppo a molti questo è negato. La casa e la scuola dovrebbero essere i luoghi in cui ogni bambino trova rifugio e serenità.

La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia stabilisce i diritti dei bambini e fornisce, come parametri per l’operato degli adulti l’interesse superiore del fanciullo e il suo benessere.


Ai diritti dei bambini corrispondono i doveri degli adulti.


In primo luogo i genitori che hanno il primario dovere di far crescere i figli in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione e di assicurare ai figli la protezione e le cure necessarie al loro benessere. La protezione e le cure finalizzate e non indiscriminate risultano fondamentali, altrimenti si verificano o si possono verificare situazioni di disagio psicologico.

Bisogna perciò costantemente lavorare sulla consapevolezza della dignità personale e del rispetto di sé e degli altri, dalla quale non si deve deflettere, nel linguaggio e nella gestione delle emozioni.

Anna De Vito, psicologa

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