Il nucleo centrale della riconcettualizzazione dell’Edipo di Loewald, secondo Thomas Ogden, è costituito dall’idea che il compito delle nuove generazioni sia quello di fare uso, distruggere e ricreare in maniera unica e personale ciò che le precedenti generazioni hanno creato.
Thomas Ogden (2006), importante psicoanalista nordamericano, fa una rilettura dell’articolo di Loewald “Il declino del complesso d’Edipo” (1979), interessante al fine di promuovere una riflessione sul ruolo del padre nella società attuale. Secondo Thomas Ogden, il nucleo centrale della riconcettualizzazione dell’Edipo di Loewald è costituito dall’idea che il compito delle nuove generazioni sia quello di fare uso, distruggere e ricreare in maniera unica e personale ciò che le precedenti generazioni hanno creato.
Centrale per Leowald è la tensione tra il debito del figlio verso le generazioni che lo precedono ed il suo desiderio di liberarsi per diventare una persona a se stante. Nell’Edipo è l’autorità dei genitori ad essere uccisa. Il parricidio sarebbe un crimine contro la santità del legame, che comprende guida, nutrimento, protezione (…) tra i genitori ed il bambino. Il bambino cerca di appropriarsi dell’autorità dei genitori attraverso il parricidio.

Nel processo di divenire adulti, significativi legami emotivi vengono distrutti. La rinuncia ai legami incestuosi con i genitori non avverrebbe solo per paura della castrazione (Freud, 1925): tali legami sarebbero anche attivamente rifiutati, combattuti e distrutti sotto la spinta dell’impulso ad emanciparsi. Il parricidio sarebbe una battaglia per l’autonomia, l’autorità e la responsabilità.
Che ruolo hanno le spinte incestuose nell’Edipo di Loewald? Non sono, come per Freud (1925), le spinte incestuose verso la madre a portare al parricidio per via della gelosia: esse costituiscono, infatti, l’altra faccia del complesso d’Edipo. Da un lato il parricidio rappresenta la spinta del bambino a diventare un individuo autonomo, dall’altro le fantasie incestuose rappresentano invece il bisogno del bambino di unione con la propria madre. Fondamentale è qui il ruolo del complesso edipico nel mediare la tensione tra la spinta all’autonomia ed alla responsabilità e la spinta sana verso l’unità (empatia, innamoramento, prendersi cura…).
Le spinte incestuose rappresenterebbero infatti, per Ogden, già di per sé il punto di partenza dello stabilirsi della generativa dialettica tra separazione ed unione che costituisce la base di ogni relazione oggettuale adulta. La madre edipica, nella rilettura di Ogden, costituirebbe infatti un oggetto transizionale: non sarebbe né un oggetto completamente differenziato, né completamente indifferenziato. Lo stesso impulso incestuoso sarebbe un impulso rivolto ad un oggetto visto come separato, ma allo stesso tempo rivolto verso la stessa persona, e lo stesso corpo, con cui un legame di indifferenziazione è esistito e continua ad esistere.
Il tramonto del complesso d’Edipo crea nuove forme di relazione, nuovi legami e nuovi genitori, genitori appunto di un bambino che è ora responsabile per se stesso.
Ed è infatti proprio in latenza, periodo in cui si situa la risoluzione del conflitto edipico, che il bambino inizia a sperimentare l’intenzionalità, ad avvertire il senso di efficacia di sé ed a farsi carico delle proprie responsabilità. Allo stesso tempo, nuove relazioni non incestuose possono essere stabilite con i genitori e con gli altri.
Le relazioni oggettuali edipiche, così come per Freud (1924), vengono per Loewald internalizzate nel processo di organizzazione del Super-io.
Il Super-io incarna l’appropriazione da parte del bambino dell’autorità dei genitori, che è trasformata nella capacità del bambino di essere autonomo e responsabile. La formazione del super-io costituisce, inoltre, anche un’espiazione della colpa del parricidio, poiché rende, in virtù della loro interiorizzazione, in qualche modo i genitori “immortali”, capaci di informare, nel senso di dar forma, le generazioni successive. La formazione del super io permette infatti all’autorità dei genitori di sopravvivere in una forma nuova e trasformata all’interno di un soggetto “che è sempre più essere responsabile di fronte a se stesso come persona nuova” (Ogden, 2006).
Ma se il tramonto del complesso edipico inizia durante la latenza ed è lì che vengono messe le fondamenta delle forme di gestione delle dinamiche edipiche, il complesso d’Edipo è un processo che non ha mai fine. Finisce per quanto riguarda l’aspetto che vede la relazione edipica con i propri parenti come l’intero mondo emotivo conscio ed inconscio di un figlio perennemente dipendente. Ma d’altro canto rimane un substrato ricco, un processo che continua ad evolvere lungo tutto il corso della vita di un individuo. L’Edipo alza la testa di nuovo in particolari momenti della vita, adolescenza in primis. Edipo stesso sembra un adolescente che deve lottare per trovare la propria identità e la propria strada. Diversi autori, tra altri Raymond Cahn (2006), pongono al centro dello sviluppo evolutivo in adolescenza il lavoro di trasformazione ed appropriazione soggettiva dell’individuo: “sono perché governo me stesso”, “sono i miei sentimenti” “sono i miei pensieri”, “sono il mio funzionamento mentale”; lavoro che sembra proprio iniziare a partire dall’Edipo, ancor più nella concezione di Loewald.
Altro punto fondamentale messo a fuoco da Loewald ed Ogden è che i genitori devono essere disposti a passare da una funzione di guida a quella di predecessore.
Devono quindi innanzitutto essere una guida. In una società adolescentizzata, in cui la differenza tra le generazioni non è più netta, il bambino non può portare avanti questo processo: vengono a mancare “gli oppositori” necessari. Genitori senza alcuna autorevolezza lasciano poco di cui appropriarsi ai figli; quando manca l’autorevolezza genitoriale mancano, come afferma Winnicott (1945), freni alla fantasia del figlio, ovvero manca la sicurezza che le fantasie non potranno essere agite nella realtà. Quando mancano tali freni, la fantasia di “uccidere” i genitori diviene troppo difficile da affrontare ed il figlio può quindi reprimere tali fantasie, fantasie invece molto importanti da un punto di vista psicologico, e non proseguire quindi verso la strada della propria emancipazione.
I genitori devono poi essere disposti a divenire predecessori. Devono essere disposti a “farsi uccidere”, a fare un atto di amore dando il passo alle generazioni successive, non sminuendo il figlio e non mantenendolo in uno stato di dipendenza.

Agendo in tal senso, il padre accetta anche di “prendere tristemente e fieramente il proprio posto tra coloro che sono in via di divenire predecessori” (Ogden, 2006), altra fondamentale dimensione del tema del tramonto edipico, che come detto, dura appunto tutta la vita: il declino e l’eclissi del padre come destino inevitabile della genitorialità e della vita stessa.
Padri eterni adolescenti che non lasciano il passo alle generazioni successive fanno sì che i figli rimangano eternamente dipendenti.
In una società onnipotente ed adolescentizzata si possono forse trovare molti padri come Laio, non disposti ad abdicare. Laio all’inizio della tragedia vuole far uccidere il figlio perché consapevole che questi lo avrebbe ucciso in futuro. Non accetta il destino di tutti i padri.
È forse per questo che la sua morte sarà reale e non avverrà solo nella fantasia di suo figlio?
Martina Coppo, psicologa
Bibliografia
Cahn R. (2006). Origini e destino della soggettivazione, in Richard F. e Wainrib S. (a cura di). La soggettivazione. Roma, Ed Borla, 2008
Freud S. (1924), Il tramonto del complesso edipico, in Opere, vol. 10, Bollati Boringhieri, Torino 2003.
Freud S. (1925), Inibizione sintomo e angoscia, in Opere, vol. 10, 1924-1929. Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino 2003.
Loewald H. (1979). The waning of the Oedipus complex. In: (1980). Papers on Psychoanalysis. New Haven, Yale University Press
Ogden T. H. (2006). Leggendo Loewald: l’Edipo riconcepito. In: (2009). Riscoprire la psicoanalisi. CIS, Milano.
Winnicott, D. W. (1945). Primitive emotional development. In Through Paediatrics to Psycho-Analysis. New York: Basic Books, 1958 (pp. 145–156).”